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PSICOLOGIA E COMUNICAZIONE
La funzione "terapeutica" della comunicazione telematica
ESSERE E COMUNICARE NAVIGANDO
Autore: Maria Cristina Garofalo

Chissà se Pasolini, oggi, di fronte alle potenzialità tecnologiche e comunicative della Rete, avrebbe modificato la sua frase «La morte è nel non poter comunicare»? Mai come adesso le categorie spazio-temporali sono strettamente connesse, all’espressività umana, alla sua potenzialità di relazione e contatto. Proprio nel momento in cui la rappresentazione scritta della conoscenza si frantuma nell’ipertesto, ed agisce, imitativamente, in modalità sinaptica, rincorrendo collegamenti neurali, trionfano gli "uni/versi" espressivi, adagiati in altre dimensioni.

L’inquietante rapporto con la "localizzazione dell’essere" ha riempito la mente ed il cuore dell’uomo dal giorno in cui il simbolo vi ha fatto capolino. La parola è subito diventata altro da sé in un riconcorrersi autoreferenziale di significante e significato. Il processo di connotazione e denominazione delle cose le rendeva di per sé reali e, con l’affinarsi del mezzo, il contenuto e la forma si confondevano in un gioco di specchi che cominciava a dare origini a nuove creature. La parola detta, molto presto, non bastò più. Bisognava localizzarla ed accertarsi che la sua trasmissione fosse resa possibile da mezzi meno caduci del vento...

La conoscenza crea nuove immortalità

La tecnologia ha corso più del bipede che l’ha inventata e così, ben lontana dal capire qualcosa di sé, la razza umana ha, comunque, nei secoli, impresso una fortissima accelerazione alla stabilizzazione e trasmissione di ciò che l’esperienza gli faceva incamerare. Ha sognato universi fantastici senza che i sensi ne venissero a contatto; ha dematerializzato se stessa, in una sorta di autoesorcismo, di affrancamento dalla morte, per poter esplodere l’unico capitale in suo possesso non deteriorabile ed incrementabile: la conoscenza.
Così, prima del previsto, la comunicazione è diventata globale, ritmicamente è presente a scandire ogni momento della vita. Persino il dolore rappresentato diventa meno vero, meno proprio ed individuale. Il mezzo che lo rappresenta lo dematerializza e in quesra metamorfosi c'è la sua forza catartica.

I sensi e la rappresentazione della realtà

Che il cervello umano, ricevendo immagini, non classifichi secondo categorie morali, è fatto noto. Ciò che giunge alla vista viene ritrasmesso attraverso processi chimici complessi, senza un ente etico di controllo che apponga timbri di autenticità. È per questa che la "realtà virtuale" funziona. Forse, è addirittura il primo strumento che dichiara all’uomo l’essenza del vuoto, l’illusorietà della percezione.
Ma in questo gioco di specchi, che altro non fanno che rimandare immagini, nuovi Avatar nascono.
Impigliati nella rete di uno strumento ancora temuto, tanto simile al cervello, continuiamo a comunicare con i segni e con le emozioni. I modelli ed i codici sono implementati sul supporto attraverso il quale si esprimono, ma il tempo e lo spazio della trasmissione diventano inquietanti. Ancor più lo è la mancanza di contatto fisico con l’interlocutore.

Materialità ed immaterialità del quotidiano

Non è vero che siano necessarie le faccine (gli smiles), per comunicare on-line gli stati d’animo. Sia che il contatto avvenga in modo sincrono (chat, arene virtuali, MUD...) o asincrono (forum, e-mail, newsgroup...), nessuno può celare totalmente la sua complessità emotiva ed il suo modo di essere. È una forma ludica, attribuirsi un Avatar che ci rappresenti e/o garantisca l’anonimato.
L’immensità dello strumento tecnologico è un’altra: l’esplosione di conoscenza e relazione, di integrazione e scambio di vissuti, di totale superamento della spazialità e di notevole contenimento della temporalità. Si aprono tunnel di accelerazione comunicativa, molto simili a quelli che la fantascienza ha rappresentato per i viaggi cosmici.

L’immersione nella globalità

Le stelle sono più vicine. Le sinapsi che si accendono, le loro piccole scintille, che l’Universo ha regalato a ciascuno. Non tutti, ancora, nonostante le stime fasulle e demagogiche, hanno la fortuna e l’opportunità di avere a disposizione il potenziale comunicativo offerto dalla tecnologia.
Non è poi così diverso parlare con una persona guardandola diritto negli occhi, o condividendo con lui uno spazio virtuale. Anzi, c’è una maggiore disponibilità ed intimità, nel mettersi in gioco avendo, in parte, oscurati i sensi privilegiati. Non si possono usare quegli strumenti istintivi di selezione tipici (né i dispositivi rassicuranti) della razza; non si può (ancora) sentire l’odore o (facilmente) la voce dell’altro. Senza spingersi troppo oltre, l’asincronia del tempo nell’attesa della risposta ad una e-mail e la ricerca di leggere aldilà delle poche righe che compaiono sul monitor durante una chat, per sentire l’altro, soggiacciono esattamente agli stessi meccanismi della comunicazione diretta.
Siamo immersi in un universo virtuale senza tempo e senza spazio, ma non senza corpo, non senza emozioni.
La Rete pulsa di vita, la velocità della trasmissione, l’abbattimento dei tempi d’attesa del feed-back, che tanta importanza ha per l’attenzione umana, incrementa la motivazione all’uso di forme di comunicazione cooperative.

L’informazione: valore aggiunto della conoscenza

Si immagazzinano un maggior numero di informazioni, si cresce come persone in comunità allargate transnazionali. Le lingue naturali vengono contaminate in un gioco di gramelot che ha come unico fine quello di farsi intendere, aldilà delle barriere geografiche e dei codici.
Una volta tanto gli psicologi aspettano con ansia che il mezzo sia davvero a disposizione e dominato da tutti; e che la gente si lasci contaminare dalle diversità, potendo accedere, in tempo reale, agli immensi archivi della conoscenza. Forse, allora, sarà meno sola; forse percorrerà più facilmente e con meno dolore la sua strada individuale.
Questo è l’inizio di una società della mente, è la possibilità esponenziale di un mezzo che, sincronicamente o meno, può (e lo sta facendo anche in questo istante) mettere in comunicazione tanti vissuti, tante conoscenze sparse nel mondo. E, se qualcun altro c’è, da qualche altra parte e vuol mandarci un sorriso, siamo qui per riceverlo e ritrasmetterlo. Adesso sì, probabilmente, stiamo cominciando a vincere la Morte.








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